ARTISTI RIUNITI e MITIPRETESE
presentano
LE TROIANE, FRAMMENTI DI TRAGEDIA
progetto di Mandracchia, Reale,Toffolatti,Torres
con Gianna Giachetti, Manuela Mandracchia, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres
scenografia e luci Mauro De Santis
musiche originali eseguite dal vivo: Francesco Santalucia
costumi: Cristina Da Rold
produzione esecutiva per Artisti Riuniti: Paolo Broglio Montani
“Le Troiane -frammmenti di tragedia” nasce come studio nel bellissimo teatro di Tindari nella primavera del 2013, in collaborazione con Luigi Saravo che insieme a Mitipretese ha curato drammaturgia e regia della prima fase del lavoro. La scelta drammaturgica di raccontare la storia attraverso le quattro figure principali escludendo il coro e i due uomini, Menelao e Taltibio, ci ha poste di fronte alla difficoltà di lavorare sulla compresenza dei personaggi, che in Euripide non c’è. In questa seconda fase del lavoro abbiamo approfondito e sviluppato le relazioni tra i quattro personaggi e così, attingendo da materiale testuale di Omero, Euripide, Seneca, Ovidio, Sartre, Licofrone abbiamo chiuso nella stessa cella Ecuba, Andromaca, Cassandra ed Elena e abbiamo provato ad immaginare cosa poteva succedere. Supportate dalle musiche e dai suoni eseguiti dal vivo da Francesco Santalucia, in uno spazio creato e illuminato da Mauro De Santis abbiamo spaccato l’unità di tempo e di luogo della tragedia di Euripide. Ne è nato un andamento frammentario, un racconto non lineare, non certo, come incerta è la memoria, come incerto è il racconto di ciò che non si comprende fino in fondo, perché troppo difficile o straziante. La generosa partecipazione al progetto di Gianna Giachetti, che nel nostro spettacolo incarna Ecuba, ci ha permesso di dare corpo e voce proprio al complesso rapporto con la memoria. La sua fiducia, il suo entusiasmo e la sua straordinaria professionalità ci hanno offerto l’occasione di individuare un punto di vista particolare nella narrazione: la memoria di un’altra generazione, la memoria della vita con le sue storie semplici ed esemplari, e la memoria del teatro con le sue storie emblematiche eppure così simili alla vita. Abbiamo sempre cercato di mantenerci in equilibrio tra il Mito e la Storia.
A volte il linguaggio e la forma delle tragedie antiche ci appaiono lontani, e non sempre immediatamente comprensibili. Sono mutati riferimenti culturali, è mutata la struttura psichica degli individui. Ma possiamo anche dire che nulla è cambiato. Fa paura la perfetta sovrapponibilità di Troiane con le guerre che continuano ad avvenire oggi. Eppure trasportare Troiane in un qualsiasi luogo e tempo a noi più vicino e riconoscibile rischia di rimpicciolirlo e di togliere qualcosa alla profondità, al mistero e anche all’ambigutà del racconto mitico. L’archetipo racchiude, nasconde, depista… La guerra di Troia è appena finita. Dopo dieci anni di assedio i Greci sono riusciti ad espugnare la città, grazie all’inganno escogitato da Ulisse. Massacrati tutti gli uomini e i bambini, depredati i tesori e le favolose ricchezze, ora Troia è un rogo immenso. Tutto brucia, al fuoco il compito di distruggere quello che rimane della superba città, di cancellarla alla faccia della terra, di fare in modo che più nulla possa rinascere in quel luogo. I Greci si stanno preparando a partire, hanno smantellato gli accampamenti e caricato i tesori sulle navi, hanno fretta di tornare a casa, sono dieci anni che aspettano di rivedere la loro patria e di riabbracciare i loro cari. In un campo di prigionia tra la città che brucia e il mare, le Troiane aspettano di sapere quale sarà il loro destino. Ridotte a bottino di guerra, attendono la spartizione. Qualcuna è scelta dai capi, la maggior parte di loro viene giocata a dadi, sorteggiata dai soldati. Sono gli ultimi momenti della loro vita in patria, gli ultimi momenti insieme: di lì a poco verranno separate e partiranno per mare, schiave, verso terre straniere e ostili dove la memoria di Troia si estinguerà con la loro morte. Cercano un senso e provano a dare forma alla perdita che ha scavato nella loro anima un vuoto, lasciandole sole al mondo. Sono madri e figlie, sono sorelle e spose e soprattutto vittime, tutte. Vittime di un gioco più grande di loro e al contempo, nell’inevitabile conflitto che i loro ruoli determinano, carnefici l’una dell’altra.